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AI e diritti umani: rischi e potenzialità

delle reciproche interazioni

AI e diritti umani: rischi e potenzialità

delle reciproche interazioni

Quando si pensa all’agire umano e alle implicazioni che ne derivano, tutte le considerazioni e le evidenze sono ricondotte alla realtà fisica nelle quali vengono prodotte. Oggi, però, il cyberspazio permea sempre più lo spazio fisico e, parallelamente, agenti non-umani operano in questo ampio campo d’azione privo di confini determinabili. Le intelligenze artificiali, di cui è bene parlare al plurale per le numerose sembianze tecnico-ingegneristiche che possono assumere, ricoprono, in questa nuova realtà, un ruolo di preminente importanza , ma segnalano, allo stesso tempo, la necessità di una cornice giuridico-valoriale che ne circoscriva l’applicazione. Profilo problematico risulta essere, in particolar modo, quello delle implicazioni concernenti i diritti umani. Riferimento recente è dato dalla pubblicazione, datata dicembre 2020, del CAHAI (Ad hoc Committee on Artificial Intelligence), intitolata “Towards regulation of AI systems”. Il Comitato, istituito nel novembre 2019 dal Consiglio d’Europa, ha raccolto gli esiti degli studi e delle embrionali forme di regolamentazione della materia, aprendo la strada a nuove riflessioni. Nella pubblicazione sono individuate quattro “Famiglie di diritti umani”, sanciti dalla CEDU, che sono state impattate dall’impiego dell’AI:

  1. rispetto per la dignità umana;
  2. libertà dell’individuo;
  3. uguaglianza, non discriminazione e solidarietà;
  4. diritti sociali ed economici.

Focalizzando l’analisi su diritti determinati emergono, nella realtà odierna, diverse situazioni di dubbia legittimità. Basti pensare al ruolo svolto nel campo dell’informazione dalle piattaforme digitali e dai diversi social network, la quasi totalità degli stessi basati su sistemi algoritmici che “incastrano” l’utente in una gabbia di notizie, la cui selezione è conseguenza delle sue interazioni nel mondo digitale. L’individuo fruisce di contenuti relativi a determinati settori di interesse, ritrovandosi in quella che ormai da tempo è definita come la “Filter Bubble” del mondo online. Lo spettro informativo non è più specchio della realtà, bensì di un piccolo frammento della stessa, filtrato in ottemperanza a dati-guida forniti, spesso inconsapevolmente, dal soggetto agente. Quanto il diritto alla privacy ed

il diritto ad una libera informazione sono lesi da simili sistemi? Quanto lo stesso consenso al trattamento di dati personali, fornito troppo spesso con eccessiva leggerezza, può giustificare l’eventuale compressione di diritti, per loro stessa natura indisponibili? La risposta non può che essere affidata ad una regolazione uniforme di tali fenomeni, il cui ostacolo più grande è rappresentato proprio dalla loro a-territorialità (o meglio pan-territorialità).

In un’analisi trasversale del fenomeno è altresì doveroso segnalare le potenzialità, di segno contrario, di tecnologie di AI che incrementano la tutela di diritti umani, favorendone una più veloce ed integrale realizzabilità. Per un esempio, in tal senso, si pensi all’app per smartphone “DreamLab” creata da Fondazione Vodafone Italia nel 2015. Essa sfrutta la potenza di elaborazione degli smartphone che generalmente è inattiva durante la notte per poter velocizzare calcoli di estrema complessità fondamentali per gli studi oncologici. Più di recente, le funzionalità dell’applicazione sono state orientate anche alla ricerca di combinazioni sinergiche di farmaci e molecole alimentari per la terapia anti-coronavirus. Grazie a questa tecnologia, un device mobile semplicemente poggiato su un comodino diviene motore di ricerca scientifica. Si può considerare, in casi simili, l’utilizzo dell’AI quale mezzo il cui fine perseguito è la tutela di un diritto? Può questa esperienza palesare l’indiretta tutela del diritto alla vita (prima ancora che del diritto alla salute), sancito da fonti di ogni livello gerarchico (art.2 Carta di Nizza, art.32 Costituzione)? La risposta sembra essere affermativa.

Dalle fattispecie considerate emerge che, come in ogni branca interessata dal fenomeno giuridico, il bilanciamento tra diritti secondo ragionevolezza è l’unico modus operandi che garantisce un’ottimale soddisfazione degli interessi coinvolti. Bisogna, dunque, considerare i diritti umani e le diverse tecniche di intelligenza artificiale quali numerosi tasselli di una medesima struttura; come in un caleidoscopio, solo la giusta sovrapposizione dei vari frammenti restituirà al nostro occhio l’immagine di un sistema funzionale.

Giulio Romano

Studente in Giurisprudenza – Università Federico ll di Napoli

ELSA Napoli (The European Law Students’ Association) . la sezione locale di ELSA Italia e di ELSA International, la pi. grande associazione al mondo di giovani giuristi. . indipendente, apartitica, non governativa, aconfessionale e senza scopo di lucro e nasce per completare la formazione degli studenti in materie giuridiche, colmando il gap tra il mondo universitario e quello lavorativo. Dalla sua fondazione nel 1981 opera su tre livelli (locale, nazionale, internazionale) e consente di connettere in un unico grande network più di 40.000 soci, tra studenti e neolaureati, in 44 Paesi europei. Nell’obiettivo di contribuire all’educazione giuridica, nonché alla promozione della responsabilità sociale, ELSA offre ai propri soci gli strumenti per approfondire la conoscenza e il confronto tra i differenti ordinamenti europei in un’ottica di dialogo e cooperazione scientifica e gode dello status di membro osservatore presso alcune delle principali istituzioni internazionali, quali Consiglio d’Europa, WIPO e UNCITRAL.

Vittorio Cama – Elsa Napoli