GB Frontera

GB Frontera

Vice Presidente
Assoprovider

Legacoop e Assoprovider rilanciano progetti di sviluppo locale sulla connettività. Le infrastrutture digitali sono fondamentali per ricostruire
opportunità di lavoro, istruzione,
welfare e servizi innovativi che rendano di nuovo attraenti questi luoghi, offrendo concrete occasioni di ripopolamento e rilancio, rendendo le nostre città più sostenibili e ricucendo le fratture territoriali ed economiche.

Le cooperative di comunità sono uno strumento attraverso il quale i cittadini possono diventare protagonisti del cambiamento del proprio territorio, attori di uno sviluppo locale sostenibile e partecipato. Queste esperienze si stanno moltiplicando in tutta Italia, ma è nelle aree interne, di montagna, che esprimono tutto il loro potenziale. In contesti svantaggiati, a rischio spopolamento, dove il pubblico si ritrae e il “mercato” non arriva, i cittadini sono spesso lasciati soli a reagire al declino che attraversa territori difficili e bellissimi. In questi contesti, alcuni hanno deciso di unirsi, di attivarsi per rilanciare il proprio territorio, per dare un’opportunità e un futuro alla propria comunità.
Si riaprono negozi di prossimità, si inventano servizi “condivisi” (di mobilità, consegna di spesa, medicinali, giornali, posta), la comunità si apre ai viaggiatori. Si avviano progetti per la sostenibilità: recupero di coltivazioni autoctone, comunità energetiche, economia circolare, tutto gestito e realizzato dai cittadini, associati in forma cooperativa, unendo la partecipazione democratica all’efficienza imprenditoriale. La scelta è quella di uno strumento imprenditoriale che non estrae valore dal territorio, ma lo genera, con e a vantaggio della comunità stessa. L’incontro tra Legacoop e Assoprovider nasce dal lavoro di entrambi nelle aree interne. Abbiamo ripreso l’idea e i modelli delle storiche cooperative energetiche in cui i cittadini sono proprietari e utenti dell’infrastruttura, per applicarla alla rete digitale. Un terzo del territorio italiano, infatti, non è raggiunto dalle reti di connessione veloce, escludendo milioni di persone dall’accesso all’informazione, dall’usufruire di servizi digitali, pubblici e privati. A molti è preclusa la possibilità di accedere allo smartworking o a strumenti di welfare, persino al semplice intrattenimento delle piattaforme di streaming. I piani per la digitalizzazione del Paese ci sono, ma prevedono tempi lunghi, troppo lunghi, e molti dei paesi saranno ormai spopolati e abbandonati.
Da un articolo de Il Sole24ore del 23/9/2015 “Quanto vale il Pil digitale generato dalla banda larga?”: “Uno studio della Banda Mondiale suggeriva di sviluppare assieme domanda e offerta di banda larga. Una idea che l’Italia ha fatto propria solo molto di recente, con il piano governativa banda ultra larga. La Banca mondiale cita uno studio di McKinsey, secondo cui un aumento del 10% nella penetrazione della banda larga tra le famiglie produce un aumento del Pil di una nazione compreso tra lo 0,1 e l’1,4%. Booz & Company ha rilevato che un aumento del 10% della penetrazione della banda larga porta una crescita dell’1,5% della produttività lavorativa nei successivi cinque anni. Tenendo conto che la penetrazione banda larga italiana è agli ultimi posti in Europa, quindi ben lontana dai parametri dell’Europa Occidentale, forse potrebbe considerare valida anche per noi, questa stima.
Per anni le denunce sulla necessità di investire sulla connettività, da parte nostra, ma anche da parte di tanti enti locali e associazioni di comuni, hanno evidenziato l’eccessiva lentezza che ha spaccato l’Italia in due, aree urbane vs aree interne, e sancito la “chiusura” di questi paesi. Durante il lockdown, l’uso massivo di smart working e telelavoro, di didattica a distanza, di videochiamate e maratone tv ha esasperato un problema che per molti era solo marginale e che ora è esploso nelle case di tutti, perché ci siamo resi conto dell’importanza delle connessioni veloci, senza le quali nessuna delle attività elencate sarebbe stata possibile. Nelle aree interne, milioni di persone sono state “escluse” dalle attività lavorative, di intrattenimento e di formazione, a dimostrazione che il problema è oggi. Il racconto mainstream di questi mesi ci dice di tornare a ritmi più umani, abbandonare le città non solo per le vacanze, ma per trasferirci e ripopolare i piccoli comuni delle aree marginali, facendo leva sulle opportunità offerte dallo smart working. Peccato che quasi nessuno abbia evidenziato l’impossibilità di questa idea, perché l’assenza di connessioni veloci pregiudica la possibilità di spostare le attività lavorative in questi luoghi. Anche inventare nuovi servizi diventa impossibile senza l’accesso ai nuovi strumenti.
Redazione OpenTlc