Kaos è uno spazio in cui cercherò di evidenziare alcuni cortocircuiti, istituzionali o tecnologici, potenziali generatori di situazioni che potrebbero causare, se si concretizzassero, effetti contrari a quelli desiderati. Sono riflessioni personali, in alcuni casi paradossali considerazioni, da condividere con i lettori.

Partiamo da qui.
Un diritto amministrativo, quale ad esempio la licenza Voip o Wisp, è una tassa che si paga per una prestazione di un servizio pubblico offerto da un ente pubblico, quindi è relativa ad un servizio di cui l’azienda o il cittadino può decidere se avvalersi o meno.

Nel caso di un Provider Voip, ad esempio, è il prerequisito per lavo- rare in legalità, quindi è una tassa per “fare impresa” e generare altre tasse  e  contributi  di  valore  superiore al costo pagato come IVA, IRAP e contributi INPS.

 

C’è da dire che l’importo è definito da organi dello Stato e, quindi, da noi stessi che, attraverso gli strumenti costituzionali, eleggiamo le persone che dovrebbero organizzare le nostre vite e attività, quindi non va confuso, come spesso si fa nel momento dell’esborso, con le cosiddette “tangenti” o “pizzi” che nell’ambito malavitoso e in situazioni di corruzione vengono, a volte, imposti alle aziende “per lavorare”.

Facciamo un esempio concreto di Kaos.
Una piccola azienda, tre dipendenti e un fatturato al di sotto del mezzo milione di euro, paga annualmente 600 euro per la licenza operatore, per il solo fatto di “esistere”, ovvero essere costituita.

La stessa piccola azienda genera, automaticamente, diritti camerali e con- tributi INPS che possiamo stimare in circa quarantamila euro a cui vanno sommate le tasse sul reddito e l’imposta sul valore aggiunto. Si può, quindi, stimare che la piccola azienda verserà alla collettività ogni anno dai 60 agli 80 mila euro, contribuendo anche alla formazione e al man- tenimento di tre famiglie e generando un indotto pari o inferiore al fatturato.

Se inoltre  il  Wisp  coprisse  con  il  suo  “fare  impresa” le  cosiddette  “aree  bianche”  quindi  a  fallimento  di  mercato,  contribuirebbe,  come  i soci di Assoprovider da sempre fanno, anche all’abbattimento  del  digital  divide  supplendo  alle  mancanze  dello  Stato.

 

Se il nostro ISP o Wisp non versasse il contributo annuo gli verrebbe revocata la licenza con conseguente chiusura, al mancato introito delle tasse sopra citate, la collettività dovrebbe farsi carico di tre sussidi di disoccupazione per almeno diciotto mesi e supplire alla sua assenza nelle “aree bianche”, ecco il Kaos!

A fronte di 600 Euro non incassate la collettività avrebbe un danno che potrebbe superare anche i 100.000 Euro per anno. Paradossalmente i malavitosi o il funzionario pubblico corrotto dimostrano una visione più ampia del mercato in quanto non avranno mai interesse a ”far cessare” l’azienda in quanto generatore di “pizzi” e quindi opportunità.

 

Un cambio di visione del fare impresa dovrebbe far sì  che chi produce venga premiato e non punito con balzelli o, peggio ancora, con normative complesse e spesso “ostative” allo sviluppo di un mercato veramente “OPEN” delle TLC ma, non voglio illudermi, è pura utopia.