Chiariamo in premessa quale è la posizione di Assoprovider. Non serve una rete unica, impossibile nei fatti, ma un Operatore Neutrale che metta gli operatori grandi e piccoli italiani in grado di competere, ma non di vendere al cliente finale. Una necessità che, da 23 anni, si scontra con il tema dello scorporo della rete fissa di Telecomitalia (poi TIM), e passa per la creazione di Infratel, prima e, successivamente, per la nascita, da una costola di Enel, di OpenFiber. Il tema oggi è di nuovo prepotentemente al centro del dibattito politico. È dalla liberalizzazione del 1997 che l’Italia necessita di un operatore nelle TLC che funga da catalizzatore e non sia distorsivo della concorrenza. Assoprovider era, ed è, pronta a contribuire al dibattito e alla concretizzazione di un obiettivo realmente utile alla collettività intesa sia come cittadini italiani sia come imprese.
In generale, guardando indietro questi 23 anni di TLC italiane, si ha la dimostrazione plastica che “la storia insegna, ma non ha scolari”. Una storia qui raccontata.
In generale, guardando indietro questi 23 anni di TLC italiane, si ha la dimostrazione plastica che “la storia insegna, ma non ha scolari”. Una storia qui raccontata.
Dopo anni di tentativi di trasformare la privatizzazione delle TLC italiane in una vera liberalizzazione, nel 2006, a seguito di quanto accaduto nel settore energia con l’Enel e lo scorporo di Terna, si fece strada l’idea di effettuare la medesima operazione anche nelle TLC, ma fu subito bufera, con la minaccia di fare cadere il Governo “Prodi 2”. La vicenda portò alle dimissioni di Marco Tronchetti Provera dal vertice di TelecomItalia e del consigliere di Romano Prodi, Angelo Rovati.
Il famoso “Piano Rovati” proponeva, con l’intervento statale e di CDP, lo scorporo della rete fissa di TelecomItalia dal resto dell’azienda (TIM), lasciando a quest’ultima la parte mobile, e rendendo sostanzialmente
pubblica la rete fissa. Tale piano, nelle motivazioni che ne videro la nascita, aveva evidentemente un fondamento, poiché, a distanza di 15 anni, lo scorporo della rete fissa e la Rete Unica sono di- ventati strumentali per il funzionamento delle TLC italiane, sia dal punto di vista dell’innovazione sia di quello finanziario e di competizione effettiva.
E il dibattito in questi 15 anni, dal 2006 ad oggi, ha visto Assoprovider quale unico difensore coerente dell’idea alla base del piano Rovati, come riscontrabile attraverso una ricerca su Google. I contenuti del piano, ovviamente, non sono più coerenti oggi con il progresso delle tecnologie, della fibra, del 5g etc., e con il cambio delle proprietà nelle big Telco italiane. Una cosa, però, resta la stessa e Assoprovider lo ha sempre evidenziato negli ultimi anni: la liberalizzazione nelle TLC non ha funzionato, e non funzionerà, fino a quando non verranno attuati i giusti correttivi da parte dello Stato, sia a livello centrale che, soprattutto, periferico.
Correttivi che oggi sono profondamente diversi da quelli ipotizzabili nel 2006 in quanto, nel frattempo, si sono ridotti notevolmente gli investimenti per realizzare una infrastruttura di TLC, mettendo in moto un grande gruppo di operatori locali in grado di realizzare, in autonomia, infrastrutture di TLC (fibra ottica FTTH e non solo FWA) senza dover più attendere il monopolista o i grandi investitori.
È per questo che riteniamo opportuno evidenziare che oggi si cerca di accreditare il concetto secondo cui le TLC sarebbero “in toto” un monopolio naturale (il che è falso) e che la rete sarebbe una infrastruttura non replicabile (anche questo è falso). Se si accettano acriticamente queste due false premesse allora è evidente che l’unica soluzione al problema collettivo della urgente digitalizzazione del paese, in presenza di grandi realtà economiche che non l’hanno saputa realizzare in più di 20 anni, sembra essere soltanto l’operatore unico wholesale pubblico. Tutti dimenticano invece che nel 2020, oramai, la componente vera di TLC, costituita dalla com- mutazione elettronica, è altamente replicabile essendo economicamente lineare al variare degli utenti realmente serviti e, quindi, restano tra gli elementi di un eventuale monopolio naturale e/o di una eventuale non replicabilità:
-il mezzo trasmissivo (fibra ottica);
-il cavidotto, ossia l’opera edile al cui interno sono collocabili, in tempi successivi, più mezzi tra- smissivi.
Da qui discende immediatamente che anche il mezzo trasmissivo è una componente economi- camente lineare con il variale del numero di utenti realmente serviti e quindi non può più essere considerata una componente non replicabile.
A questo punto, gli unici elementi che potrebbero essere monopolio naturale e/o strutture non replicabili sono le SOLE opere edili dei cavidotti e gli immobili in cui si concentrano i mezzi tra- smissivi provenienti dalle unità immobiliari (quelli che secondo la nomenclatura Openfiber sono i PCN), ma anche tra gli elementi edili risultano non replicabili solo e soltanto quei cavidotti/PCN realizzati in luoghi dove, per scarsità di suolo pubblico, non è possibile realizzarne un secondo. È opportuno ricordare, inoltre, che il frazionamento geografico in una pluralità di soggetti opera- tori è da sempre alla base del concetto di “inter” “net” e, di conseguenza, ciò che non sarebbe replicabile, se considerato come un unicum “nazionale”, diviene perfettamente replicabile se pensato come migliaia di subnet di cavidotti indipendenti, ma tra loro raccordati. Quindi, se lo Stato intende costituire un operatore unico wholesale, evitando lo spreco di risorse economiche collettive, questo soggetto dovrebbe realizzare, e mettere a disposizione di qualsiasi tipologia di operatore, cavidotti e PCN di dimensioni opportune in tutti i luoghi in cui nessun altro operatore locale abbia già realizzato tali opere e, laddove già esistessero, dovrebbe costituire l’integrazione che ne massimizzi il riutilizzo da parte di una vasta pluralità di operatori.
Ai margini resta sempre sotteso il grande tema dell’autonomia dell’individuo, che non è tale solo quando è “un consumatore” ma anche quando è “un produttore”.
Lo Stato dovrebbe agevolare gli individui che producono, specie se invece che generare ester- nalità negative (come accade per molte big-company) ne generino di positive, così come sancito dal comma 2 dell’art. 3 della nostra amata Costituzione.
Solo se l’operatore wholesale statale è di ausilio a questi operatori-produttori locali si può otte- nere la massima efficienza collettiva ed è per questo che serve un dialogo: politico, commerciale, tecnico. Nessun operatore wholesale, pubblico o privato, sarà mai di ausilio agli operatori locali se è totalmente privo di strumenti per dialogare costantemente con essi ed evitare, così, le decine di errori strutturali che Assoprovider sta rilevando, a partire dai servizi disaggregati, pra- ticamente ostacolati anziché agevolati.
Dino Bortolotto, Presidente Assoprovider