In calce la replica del Senatore Simone Pillon del 27/11/2020.

 

La tutela dei minori, relativamente al loro rapporto col mondo virtuale, è un tema estremamente importante. Un tema di grande attualità, che andrebbe analizzato e gestito con intelligenza, attenzione e professionalità, ma, soprattutto, con un approccio che riesca a trascendere qualsiasi uso strumentale. Spiace, quindi, dover constatare che il provvedimento di recente licenziato invochi azioni totalmente inefficaci delegando ogni responsabilità ad una sola categoria di attori economici facenti parte della lunghissima catena di fruizione dei contenuti digitali.
Il provvedimento appare confuso e inefficace e dimostra una profonda “ignoranza “rispetto ad alcuni elementi fondamentali del funzionamento di questa catena. Esso sembra ignorare totalmente la separazione strutturale esistente tra fornitori di accesso/trasporto e fornitori di device (quelli senza cui non vi sarebbe alcuna visualizzazione dei contenuti). Non si può infatti prescindere dalla vasta pletora di tipologie esistenti (PC, smartphone, tablet, televisori ecc.) ma anche da qualsiasi device della ormai imminente IoT che potrebbe prevedere interazioni visive con l’utente finale.
La confusione cui accennavamo in precedenza, purtroppo, nasce dalla errata generalizzazione del vecchio modello di diffusione televisiva analogica e dal comportamento di alcuni noti operatori della telefonia mobile. In tale contesto, accade che l’accesso ad Internet sia vincolato all’uso dello smartphone (quello in cui è inserita la SIM) e che il contratto di telefonia mobile (accesso) possa prevedere anche la fornitura del device di visualizzazione. Solo con questa specifica configurazione commerciale di accesso ad internet prevista, esclusivamente dagli operatori mobili, il device è uno solo, invariabile nel tempo, ed è vincolabile alle volontà del fornitore.
In tutti gli altri casi è solo l’utente finale che conosce quali e quanti device verranno da lui connessi ed utilizzati sulla connessione internet e come questi potrebbero mutare nel tempo senza che ciò comporti la benché minima conoscenza e, quindi, mutazione delle condizioni di fornitura da parte del fornitore della connettività.
Il provvedimento parla di device che dovrebbero bloccare l’accesso ai contenuti ma poi pone un obbligo generico solo in capo ai fornitori di accesso, ovvero ai provider internet che di quel device nulla sanno (non avendolo fornito e non avendo alcun obbligo a fornirlo). Di contro, esistono vincoli normativi internazionali che obbligano il fornitore di accesso a NON ostacolare in alcun modo la libertà dell’utente finale nella sua scelta dei device, senza contare che quand’anche il provider fosse in grado di imporre qualcosa sui device di accesso (il provvedimento non indica in alcun modo come ciò dovrebbe avvenire molto probabilmente perché il legislatore non sa se e come ciò sia ottenibile) resterebbe totalmente ignoto, al fornitore di accesso, il modo con cui lo stesso dovrebbe classificare i contenuti.
Il legislatore, ancora una volta, non sapendo se e come si possa fare questa classificazione la demanda in toto all’Internet Service Provider, commettendo un madornale errore! A valle di tutte queste imposizioni indeterminate e prive di qualsiasi fattibilità tecnica il legislatore, per conquistare il consenso collettivo, lascia il solo fornitore di accesso in balia delle ritorsioni economiche del suo utente finale. Il legislatore, conseguentemente, oltre al pericolo a cui sottopone il singolo operatore ignora che la resistenza alle richieste pretestuose consentite all’utente finale da questo provvedimento può mutare al cambiare della dimensione economica dell’operatore finendo per costituire una potente distorsione della concorrenza che avvantaggia ovviamente gli operatori di dimensioni maggiori.
Siamo di fronte, dunque, non solo alla massima ignoranza dei meccanismi elementari che regolano il funzionamento della catena, ma anche alla banalizzazione e mortificazione del lavoro degli operatori del settore. Siamo costretti a registrare un evidente pregiudizio secondo il quale alcune possibilità sarebbero terreno operativo solo dei grossi operatori che disporrebbero della capacità infinita di assorbire eventuali costi aggiuntivi determinati dalla resistenza alle azioni degli utenti e/o determinati da eventuali manipolazioni dei contenuti (soprassediamo, inoltre, su qualsiasi “osservazione di contenuti” che non sia funzionale alla mera consegna dei medesimi che è proibita anche dalla nostra costituzione) perché nel mondo reale, ribadiamo ignoto al legislatore, ogni manipolazione per quanto piccola produce un costo che pesa in modo progressivamente maggiore quanto minore è il numero di utenti su cui può essere spalmata. Per capirci un costo X su 1000 utenti è economicamente più rilevante del medesimo costo X su un milione di utenti e, quindi, non vi sarebbe solo il danno economico prodotto al fornitore dovuto all’incremento dei costi in se ma anche la distorsione di mercato a favore degli operatori più grossi introdotta dalla diversa platea su cui ripartire i costi.
La cosa sorprendente di alcuni di questi eterei paladini dei diritti è la trascuratezza con cui trattano i diritti di altri onesti cittadini che non stanno commettendo alcun reato. Lo fanno senza nemmeno prendersi cura di quali siano le conseguenze di ciò che propongono sull’intera filiera di stakeholder e sulle diverse tipologie di operatori. Il nostro auspicio, per concludere, è che la prossima volta che si debba decidere di far fare una qualsiasi operazione agli operatori di accesso e trasporto, il legislatore di turno abbia la decenza e l’intelligenza di confrontarsi preventivamente, non solo esclusivamente, con i soliti grossi operatori, ma anche con tutti gli stakeholder presenti sui territori onde evitare di danneggiare alcuni attori strategici per un settore così delicato per il futuro della nostra nazione. Continuando ad operare come si sta facendo non si produce alcun vero vantaggio per la collettività. Invertendo la rotta con equilibrio, la collettività potrà rendersi conto di chi è veramente attento alle esigenze della concorrenza e, quindi, delle PMI italiane e chi non ne ha alcuna coscienza ed attenzione.

Replica del Senatore Simone Pillon

Oggetto: Nota del Senatore Simone Pillon – replica articolo edizione OpenTLC magazine 01.11.2020

Dati: 2020-11-26 15:06

Mittente: segreteria.pillon@senato.it

Destinatario: direttore@opentlc.it

 

Gentile Direttore,

su indicazione del Senatore Simone Pillon, si invia alla Sua attenzione il testo riportato in calce.

Distinti saluti.

La Segreteria

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Gentile Direttore,

con riferimento all'articolo dal titolo “Decreto Pillon: provvedimento confuso e inefficace”, comparso nelle pagine 1 e 2 dell'edizione di OpenTLC Magazine del 1 novembre 2020, gradirei avere diritto di replica.

Anzitutto devo puntualizzare che non esiste alcun decreto Pillon, come invece suggerisce il titolo dell'articolo. La norma in questione è stata, infatti, da me proposta in forma di emendamento alla legge di conversione del decreto legge del Governo n. 28 del 2020 (cosiddetto decreto giustizia).

Preciso che l'emendamento è stato votato all'unanimità in Commissione

Giustizia del Senato della Repubblica da tutte le forze politiche.

Ad assicurane e blindarne l'approvazione è stato però il Governo, il quale ha valutato l'emendamento e lo ha fatto proprio, inserendolo nel maxiemendamento, vale a dire nel testo sostitutivo e definitivo della legge, sul quale il Governo stesso ha posto la questione di fiducia.

 

Sul contenuto dell'emendamento mi preme sottolineare che la norma mira a salvaguardare i minori che navigano in rete dall'accesso a pagine che mostrano immagini violente o pornografiche. Sull'importanza e la delicatezza della questione credo siamo tutti d'accordo.

Gli adulti, dotati di idonea password, si regoleranno come riterranno opportuno, prendendosi la responsabilità di scegliere per i minori loro affidati, qualora il device sia dato loro in uso.

 

Per quanto invece riguarda le modalità di applicazione della disposizione di legge, si è sostanzialmente demandato al Governo l'onere di individuare i termini e gli strumenti per attuarla. Il Governo dal canto suo, mediante l'accoglimento di un ordine del giorno presentato dalla Camera dei Deputati, si è impegnato a intervenire in materia.

Pertanto, l'interlocuzione richiesta e auspicata da alcuni operatori del settore, di cui si dà atto nell'articolo comparso sulla Vostra rivista, potrà tranquillamente essere portata avanti con il Governo, al fine di assicurare una efficace attuazione della norma che, tengo a evidenziarlo, nella sua formulazione è comunque semplice e chiara.

 

Distinti saluti.

Simone Pillon